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Crescere il mio bambino con la dieta vegetariana

Crescere il mio bambino con la dieta vegetariana

L’idea che una donna in gravidanza debba assumere proteine animali in grande quantità è superata, è il residuato di un passato post bellico in cui c’era poco da mangiare per tutti e si riservavano i cibi più “preziosi”, come la carne appunto, a bambini e donne in attesa. In realtà la futura mamma deve assumere almeno 2.000 kcal al giorno, con una quota adeguata di carboidrati, proteine e grassi. Questo è un principio che vale per tutti, ma in particolar modo per chi, attraverso la placenta, ha il compito prezioso di nutrire un nascituro con i macronutrienti (grassi, proteine, carboidrati) e micronutrienti (vitamine e minerali) necessari. In questo percorso la carne non è indispensabile, e non lo è nemmeno per lo svezzamento del bambino.

Spesso si teme che senza la carne la dieta di un bambino sia troppo povera di proteine, nutrienti indispensabili per lo sviluppo di un individuo che sta crescendo, che però il nostro organismo non sa sintetizzare e deve perciò ricevere dall’esterno, cioè dagli alimenti. Bisogna però ricordare che l’uomo non è per sua natura carnivoro, non a caso i suoi cuccioli nascono edentuli, ossia senza denti. E in un’ottica comparativa anche il fabbisogno proteico è limitato: rispetto ad altri animali, il bambino ha uno sviluppo motorio molto lento, sta seduto verso i 6-8 mesi, cammina fra i 10 e i 18 mesi. Non a caso il latte materno umano è uno di quelli che contiene meno proteine, e per i bambini il latte vaccino (molto più proteico) è consigliato dopo i 12 mesi.

I dati di molti studi scientifici mettono piuttosto in guardia sull’eccesso di proteine animali nella dieta che, com’è ormai dimostrato, nel bambino è legato a un accumulo di peso nel primo anno di vita, situazione che a sua volta si associa a un aumentato rischio di sovrappeso nell’adolescenza. E non è un problema marginale se, come occorre ricordare, in Italia un adolescente su 4 è in sovrappeso e uno su 5 addirittura obeso. Tutti fattori di rischio per una condizione come la sindrome metabolica (alti livelli di glicemia, trigliceridi e ipertensione arteriosa) sempre più diffusa in età adulta. Un consumo esagerato di carne, inoltre, è in relazione con patologie degenerative croniche e incremento del rischio di tumore a carico dell’intestino.

Per tutte queste ragioni lo svezzamento può essere pianificato con tranquillità senza prevedere carne o pesce, garantendo comunque un apporto di proteine adeguato, non solo per quantità ma anche per qualità, ricorrendo ad altri alimenti, come legumi (piselli, lenticchie, ceci, fagioli), formaggi (parmigiano reggiano, grana padano, crescenza o ricotta), uova, e alimenti presi in prestito dalla cucina orientale come il tofu, noto anche come formaggio di soia, e il seitan, ottenuto dalla lavorazione dei cereali.

I legumi sono bene accetti sin dal settimo mese, è importante però almeno per i primi tempi utilizzare prodotti decorticati oppure passarli una volta cotti, perché la corteccia può essere di difficile digestione. L’uovo può essere offerto sin dall’inizio dello svezzamento, all’inizio solo il tuorlo ben cotto (meno allergizzante degli albumi) e dopo l’anno intero.

Il periodo dello svezzamento è un’occasione speciale per promuovere la salute di un individuo. Il bambino fra i 6 e i 9 mesi è molto orientabile, anche ai sapori. Se è abituato a mangiare verdure, sarà probabilmente un adulto che mangerà volentieri verdura e frutta. In più, così facendo si influisce anche sulle abitudini dei genitori in cucina. Insomma, facendo prevenzione sul bambino si fa profilassi per tutta la famiglia.

Concludendo, va ricordato che sullo svezzamento c’è poca letteratura certa e tanta aneddotica. Poca scienza e molta tradizione. L’importante è capire cosa è meglio per il proprio bambino, sempre con l’aiuto di un bravo pediatra, meglio se è un medico preparato, che non si limita a fornire un modulo prestampato ma ragiona su un piano di svezzamento personalizzato.